OMELIA DEL VESCOVO NELLA CHIESA SANT’ANTONIO ABATE IN SAN FEDELE INTELVI
6^ domenica dopo Pasqua A
Amati fratelli e amate
sorelle,
la celebrazione della Eucaristia, qui in Valle Intelvi, vuole essere un segno di vicinanza e di condivisione del dolore per tutte le
persone provate dal coronavirus, per quanti si sono presi cura di loro, come
gli operatori nelle diverse RSA di questa zona, per i tanti contagiati, qui come
in altre parti della diocesi.
Vogliamo affidare tutti i nostri fratelli e sorelle defunti alla
misericordia di Dio e insieme pregare per i loro parenti, quelli specialmente
che non hanno potuto stringersi attorno ad essi in un ultimo saluto o nemmeno li
hanno più potuti vedere prima della sepoltura.
Ci concentriamo ora sulle letture della Parola di Dio di questa sesta domenica
dopo Pasqua, che possono essere ricordate attraverso tre verbi: “Conoscere Gesù, amare Gesù, seguire Gesù”.
Conoscere Gesù è la conseguenza
dell’invito della lettera di Pietro a “essere
sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è
in voi“. Il cristianesimo non è frutto di una dottrina o di un sistema
filosofico. Esso consiste in un’esistenza trasformata dall’incontro personale
con Gesù. Egli ci libera dal male, dalla solitudine, dal vuoto interiore, dalla
morte e ci permette di sperimentare fin da ora la “vita nuova”, generata dalla
grazia battesimale.
Una vita filiale, piena di fiducia e
di confidenza nei confronti di Dio nostro Padre nel nostro umile quotidiano e una vita fraterna, attraverso libere
relazioni che rendono la nostra vita più bella, più intensa e più umana. Se
l’incontro con Gesù ci ha cambiato davvero la vita, se ci ha trasformato il
cuore, allora possiamo approfondire sempre di più la nostra conoscenza di lui, sperimentare
più a fondo la verità del vangelo e quindi offrire agli altri, “con dolcezza e rispetto”, la ragione
della speranza che ci abita. Vivendo come figli
della luce, possiamo irradiare nel nostro ambiente la gioia del Risorto, che ha
vinto le tenebre del mondo. E’ Lui la nostra speranza.
Siamo poi chiamati ad amare Gesù, pienamente uomo e insieme
pienamente Dio. La carne di Gesù è il corpo del Figlio, è il Dio-Figlio in
mezzo a noi. Attraverso la sua umanità,
Cristo si rivela luce del mondo con i suoi atti e le sue parole nell’ intera
sua esistenza. Quanto più conosciamo Gesù e sperimentiamo da discepoli la vita
nuova del Battesimo, tanto più ci sarà dato, per grazia dello Spirito Santo, la
possibilità di amarlo.
L’amore, tuttavia, per sua natura, non può essere imposto, anche perché esso viene
innanzitutto donato alla nostra libertà, prima di ogni nostra risposta e al di
là di ogni nostro merito, dal momento che è Dio ad aver preso per primo l’ iniziativa di amarci. Nella vita di ogni
giorno possiamo sperimentare in tanti modi l’amore di Dio, riconoscendolo
anche attraverso la sollecitudine e la cura dei fratelli nei nostri riguardi.
Da qui, come risposta, può fiorire in noi l’amore per Gesù, memori della sua promessa nel Vangelo di oggi: “Chi
ama me sarà amato dal Padre
mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Al discepolo che si rivolge
nella fede e nell’amore al suo Signore, desideroso di adempiere i suoi
comandamenti, Gesù si manifesterà intimamente con una forza ancora maggiore.
Possiamo amare Gesù solo perché lo Spirito Santo suscita in noi questo santo
desiderio. A volte i ragazzi che si preparano alla
Cresima mi domandano: “Cosa fa lo
Spirito Santo in noi?”. Lo Spirito Santo agisce in noi mettendoci in cuore
il desiderio sincero di amare Gesù e i fratelli. Ci dona la forza di vivere
secondo gli insegnamenti di Gsù, così come lui ha seguito fino in fondo la
volontà di Dio, suo Padre. Ecco una frase molto significativa di s. Basilio
Magno: “Se di notte tu togli da te la
luce, gli occhi restano ciechi, le facoltà inerti, i valori indistinti; calpesti
l’oro scambiandolo per ferro. Così, nell’ordine spirituale, è impossibile,
senza lo Spirito santo, condurre fino in fondo una vita conforme al vangelo di
Gesù” e quindi amare Gesù e i fratelli come Lui stesso ci ama.
La parola di Dio ci invita, infine, a seguire
Gesù con lo stesso entusiasmo e ardore con cui i discepoli della primitiva
comunità cristiana l’hanno seguito e annunciato. Nella lettura dagli Atti degli
Apostoli ci viene proposto l’esempio del diacono Filippo, che «sceso in una città della Samaria, predicava
loro il Cristo“, ma anche di Pietro e Giovanni. Inviati in Samaria,
pregarono perché i nuovi fratelli ricevessero lo Spirito Santo. Seguire Gesù
significa subito mettersi in cammino per annunciare a tutti, come discepoli
missionari, la forza trasformante del Vangelo, frutto dell’azione dello Spirito
Santo, e insieme della testimonianza della vita nuova dei discepoli, consapevoli
che “il Vangelo risponde alle necessità
più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il
Vangelo ci propone”, come afferma papa Francesco nella Evangelii Gaudium (265).
Seguire Gesù è possibile da quando avvertiamo che il Vangelo, vissuto nella
storia personale e comunitaria, genera veramente qualcosa di nuovo, una
straordinaria rivoluzione: quella dell’amore, della fraternità, del perdono, della
solidarietà, della giustizia.
Scriveva s.Giovanni Paolo II, di cui ricorre domani il centenario della sua nascita, che il Vangelo, pur essendo unico e indivisibile, si caratterizza quale Vangelo dell’amore di Dio per l’uomo, ma anche come Vangelo della dignità della persona e insieme come Vangelo della vita.
Possa la buona notizia del Vangelo riempire di nuova gioia tutti i discepoli di Gesù, che rafforzati dall’incontro con il pane eucaristico, sentono ardere il loro cuore, così da saperlo annunciare con nuovo vigore.