Omelia del Cardinale Cantoni nella basilica di San Giuseppe al Trionfale

OMELIA DI S.E.R. CARDINALE OSCAR CANTONI NELLA BASILICA DI SAN GIUSEPPE AL TRIONFALE IN ROMA CON I PELLEGRINI DELLE DIOCESI DI COMO E CREMA

PRESENTI PER IL SOLENNE CONCISTORO

Hanno concelebrato con il cardinale Cantoni i vescovi monsignor Claudio Lurati (vicario apostolico di Alessandria d’Egitto, nativo di Lipomo), monsignor Daniele Gianotti (Crema), monsignor Francesco Manenti (Senigallia, già vicario generale di Crema), don Umberto Brugnoni (Superiore generale dei Servi della Carità), monsignor Ivan Salvadori (vicario generale di Como) e una sessantina di sacerdoti.

S.E.R. cardinale Oscar Cantoni ha pronunciato alcune aggiunte al testo che pubblichiamo qui di seguito. È possibile ascoltare l’omelia sul canale YouTube de “Il Settimanale della diocesi di Como” e su www.diocesidicomo.it.

  1. Un cordiale saluto e un ringraziamento a tutti voi qui presenti, fedeli delle due diocesi di Como e di Crema, che mi avete accompagnato qui, numerosi, per il Concistoro, a nome di tutte le nostre Comunità e mi avete sostenuto con la preghiera, e con tanta saggezza avete espresso parole di fede e di incoraggiamento. È stato per me motivo di grande consolazione avervi vicino in un momento così particolare della mia vita, chiamato a un servizio ecclesiale di ancor più grave responsabilità, in stretta collaborazione con il vescovo di Roma. Vi sono dunque grato per la vostra presenza, per la testimonianza della vostra amicizia, la stima e l’affetto che mi avete dimostrato.

Vorrei innanzitutto ritornare alla celebrazione di ieri nel CONCISTORO, durante il quale ho avuto l’onore immeritato e la gioia di essere associato al collegio dei cardinali. Sono sicuro che tutti voi avete vissuto questo evento come una occasione particolarmente solenne, che resterà nella vostra memoria come un evento di grazia e di intensa emozione.

Devo confidarvi che nel corso del Concistoro ho pensato con gratitudine anche a tante altre persone, a partire dai miei genitori e da tanti amici defunti a me e a voi cari: tanti sacerdoti, in particolare il mio parroco, i miei vescovi, gli educatori e i miei benefattori, che dal cielo hanno seguito con noi questo evento straordinario di Chiesa e hanno lodato Dio. Mi sono sentito sorretto anche dalla preghiera e dalla vicinanza di tante persone, molte delle quali ci stanno seguendo via streaming: laici, sacerdoti e consacrate, famiglie, che dalle loro case sono spiritualmente vicini a noi anche se lontani.

  •  Vorrei proporvi alcune sottolineature che ci richiamano alcune verità importanti.                                                                                 Innanzitutto, Ieri pomeriggio, in San Pietro, abbiamo avuto modo di sperimentare, con un colpo d’occhio, la Chiesa universale con tante persone provenienti da ogni parte della terra. È stato un grande spettacolo di unità. Ci è stata resa manifesta la “sinfonicità'” della Chiesa, cioè la sua unità nella pluralità delle provenienze e nella varietà dei ministeri. Il Signore ci ha radunati da ogni parte della terra e così abbiano toccato con mano la comunione fraterna vicendevole, senza sminuire le nostre differenze, anzi esaltandole. Ci rallegriamo per l’originalità di ciascuna esperienza di fede, maturata negli ambienti più diversi e radicata nel cuore delle diverse culture. Pur parlando lingue diverse, abbiamo constatato il miracolo della comunione e dell’unità.
  • Questa mattina, invece, vogliamo richiamare con forza le radici sante, dalle quali noi proveniamo, benedire il Signore per la ricchezza dei doni ricevuti lungo tutta la storia delle nostre Chiese, in particolare quella di Como e quella di Crema. È un lungo e lento cammino di santità vissuto apparentemente senza troppa importanza. È nella ordinarietà che noi costruiamo la   Chiesa, è nella vita di tutti giorni, senza niente di straordinario, che sviluppiamo il nostro cammino di santità.

Non dimentichiamo mai che noi tutti siamo il frutto maturo di quanti ci hanno preceduto nella fede. Tante persone, umili e miti, sapienti e forti nella fede, i cui nomi sono scritti in cielo, fratelli e sorelle di cui vogliamo fare memoria grata. Con il loro esempio e la loro testimonianza ci hanno preparato il terreno sul quale poi noi siamo fioriti attraverso il nostro impegno personale e comunitario. Avvertiamo così di essere debitori gli uni degli altri. E profondamente grati per gli insegnamenti di sapienza e di bontà che abbiamo ricevuto, senza dei quali nessuno di noi, a partire da me, oggi sarebbe qui. Questo per non lasciarci sedurre dalla monotonia quotidiana, dentro la quale sembra succedere nulla.

  • Voi qui rappresentate, innanzitutto, l’intera Chiesa di Como, che mi ha generato alla fede, che è il dono più grande che è stato trasmesso a ciascuno di noi. Non dimentico, da parte mia, che prima di essere pastore, anch’io sono innanzitutto figlio amato dal Padre, chiamato come voi a seguire Gesù, fino ad essere divenuto custode del gregge, sotto la guida dello Spirito Santo. Sono stato chiamato ad esercitare la paternità nei vostri confronti, ma non ho smesso di esservi fratello e di sentirmi condiscepolo del Signore, con le stesse fatiche, lotte e sofferenze che incontro come voi ogni giorno dentro il ministero episcopale, che è una vera forma di martirio! Ripartiamo operando il bene, con la consapevolezza di avere ricevuto tanto dal Signore, che ha dato anche in tempi recenti alla nostra Chiesa ripetute prove di amore e di fedeltà: alludo al dono del Martirio, così da attribuire a buon diritto alla nostra Chiesa, il titolo di “Chiesa martire”. In secondo luogo, rimando ai diversi segni espressi a rivelazione della santissima Trinità misericordia, dapprima presso il santuario di Gallivaggio in Valchiavenna e poi, più diffusamente, nel santuario di Maccio, unico santuario intitolato alla santissima Trinità misericordia.

In secondo luogo, mi rallegro e ringrazio anche per la vicinanza di rappresentanti della Chiesa di Crema, a partire dall’attuale vescovo Daniele, mio successore, e dal vescovo Franco, già mio vicario generale e ora pastore di Senigallia. A entrambi son grato per la loro partecipazione: un segno concreto di fraternità episcopale, tanto necessaria. In questa Chiesa cremasca sono stato accolto nel 2005 come pastore, fratello e Padre (ho fatto le ossa! Si direbbe!) imparando molto e gustando uno stile di Chiesa molto genuino, cordiale e familiare. Ho toccato con mano la fede viva di questo popolo, radicato dentro una tradizione santa. È vero ciò che mi disse il card. Martini, appena consacrato vescovo: “Lei va in una Chiesa santa!“. E io gli risposi: “Speriamo che io la possa aiutare a mantenersi tale!“.

Voi tutti qui presenti, cremaschi e comaschi, rappresentate le vostre Comunità parrocchiali, tutte coinvolte e liete per questo insperato evento di grazia, che ci ha tutti sorpresi! Anche a livello sociale e politico, molti di sono rallegrati per la mia nomina cardinalizia! Tutti si sono sentiti coinvolti e onorati: un dono di Dio inatteso, che ha innestato entusiasmo e speriamo nuovo fervore!

Vorrei che la nuova chiamata del Signore, che mi ha raggiunto all’improvviso, fosse interpretata come un appello a cui possiamo rispondere insieme, io e voi. Così che alla gioia di essere stati scelti dal Signore, attraverso la Chiesa, corrisponda la consapevolezza di dover impegnarci tutti insieme, in uno zelo rinnovato e con un coerente impegno di vita cristiana.

Dal momento che quanto più grande è il dono, tanto più intenso deve essere l’impegno nel nostro servizio. Cresce la nostra responsabilità perché il dono di Dio non vada disperso. Siamo perciò invitati a un supplemento di disponibilità per Cristo e per il suo intero Corpo mistico. Il tutto, unito a una quotidiana riconoscenza per la mia chiamata ad essere partecipe, in modo singolare, del ministero del Successore dell’Apostolo Pietro.

E preghiamo insieme perché realizziamo la raccomandazione della prima lettura di oggi: “Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore” (Sir 3, 18).

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